Francesco
Seccia
Ë
indubbio che l’approccio per avvicinarsi al mondo dei funghi
passa, nella
maggioranza dei casi, attraverso l’aspetto utilitaristico
della questione, che prevede
la raccolta e l’utilizzazione del prodotto per la preparazione
di pietanze prelibate. Per
raggiungere lo scopo la prassi più seguita dal neofita è
la ricerca di un testo con fotocolor che lo aiuti a riconoscere
le specie fungine commestibili più rinomate.
Purtroppo questo tipo di atteggiamento non offre sufficienti garanzie
di affidabilità e prevale ancora pervicacemente sulla logica
delle conoscenze, nonostante i numerosi
casi d’intossicazioni segnalati dai mezzi d’informazione.
L’alternativa alla consultazione
di un testo per la determinazione della commestibilità dei
funghi tiene conto delle verità, o presunte tali, riposte
nelle credenze popolari, ancora fortemente radicate, intese come
patrimonio di esperienze d’intere generazioni, fin dai tempi
più remoti. Tali criteri di verifica, di nessuna valenza
scientifica, sono del tutto inaffidabili; ne elenchiamo alcuni fra
i più noti:
— i funghi sono buoni se presentano tracce di morsicature
animali
— i funghi mangerecci diventano tossici se sono stati contaminati
da animali velenosi
o cresciuti in prossimità di piante velenose
— i funghi tossici presentano un aspetto ripugnante e viscoso,
o colori troppo vivi, o
odori poco gradevoli, o sapori amari, oppure compaiono gocce di
lattice, o mutano
di colore al tatto o al taglio
— i funghi sono tossici se nella cottura fanno coagulare il
latte, o annerire i cucchiaini
o le monete d’argento, o ingiallire le foglie di prezzemolo
— i funghi perdono la loro tossicità mediante sciacquature,
salature o essiccazioni
— utilizzare gli animali domestici come cavie.
Nell’ipotesi di aver ingerito una pietanza contenente funghi,
la cui commestibilità
sia stata determinata da uno dei metodi sopra descritti, eventuali
conseguenze
negative potrebbero insorgere entro i tempi seguenti:
— nelle sindromi a breve incubazione, ovvero nei casi di intossicazione
più benigni,
nelle ore immediatamente successive alla consumazione del pasto
— nelle sindromi a lunga incubazione, ovvero nei casi di intossicazione
più gravi, a
partire dalle sei otto ore successive alla consumazione del pasto
e fino al ventesimo
giorno.
Al
manifestarsi del malessere che può colpire,
in funzione del tipo di sindrome, il fegato, o i reni,o il
cuore, o il sistema nervoso centrale, oppure l’apparato |