Marino Zugna
È proprio con le
parole del succitato titolo che mi avvicinai per la prima volta
al mondo dei funghi, un Regno sconosciuto,misterioso, pieno del
fascino del proibito.
Ero preso dalla voglia
di assaggiare dei frutti che non erano alla portata di tutti, ed
ero sicuro che in poco tempo sarei riuscito nell’impresa di
fare delle grosse raccolte di mitici porcini e di preziosi ovoli.
A parte il fatto che non
sapevo nemmeno che forma avessero i porcini e di che colore fossero
gli ovoli; se non sbaglio, mi ci vollero appena un paio d’anni
per capire all’incirca quali fossero i caratteri distintivi
delle due specie, e, soltanto perché avevo sentito dire che
essi appartenevano ai Generi Amanita
(falloide) e Boletus (satanas), m’incutevano sacro terrore.
Ricordo come oggi la prima
uscita in un boschetto di Basovizza. Armato di un manuale sui funghi,
“anche se scritto in italiano a me sembrava arabo”,
ed a parte il fatto che le foto dei funghi sembravano tutte uguali
o perlomeno molto rassomiglianti, “almeno così apparivano
ai miei occhi di profano”, iniziai la ricerca.
Ogni volta che trovavo
un fungo mi sedevo e iniziavo a sfogliare il manuale per circa mezz’ora,
“circa 350 fotocolor”, credendo di riconoscere l’esemplare
che avevo raccolto almeno in una decina di fotocolor, ma scambiandolo
dapprima per un porcino e poi per una russula, ben che andava.
Il terrore si tramutava
in angoscia, “esagero”, quando leggendo a proposito
della commestibilità di una specie appena riconosciuta al
cento per cento come ottimo commestibile, essa si trasformava, via
via che proseguivo a consultare il manuale, in specie tossica, oppure
in specie velenosa mortale, secondo il fotocolor al quale più
assomigliava.
A questo punto, dopo una
mezza giornata di ricerca con conseguente calpestio
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