Tratto da: XXI MOSTRA REGGIANA DEL FUNGO V MOSTRA DELLE ERBE E DELLE BACCHE Numero speciale. A.M.B. Gruppo Micologico "R. Fanchi" di Reggio Emilia
11 MORTI PER FUNGHI: A BERGAMO NEL XVIII SECOLO di Giacomo Borgatti
Questa volta intendo presentare un documento che ritengo di notevole interesse che ci offre uno squarcio di vita della seconda metà del secolo XVIII e che illustra una terribile tragedia causata da un avvelenamento per ingestione di funghi avvenuta nel villaggio di Spirano nel bergamasco. La lettera , che riporto integralmente, (e che contiene un accurato referto medico) è indirizzata dal sig. Gio. Maironi da Ponte (Magistrato di Sanità, come si desume dal testo) al sig. Marco Bressani Nobile Bergamasco sul funesto effetto d'alcuni funghi. "
Alla richiesta onde V. S. Ill. ma mi onora intorno al tragico accidente seguito, giorni sono, nel Villaggio di Spirano, procurerò di soddisfare con parteciparle quanto si è rilevato da questo Magistrato di Sanità.
La prima domenica del corrente novembre Marcantonio Dolci nativo dalla Valle Imagna, e Giuseppe Gastoldi da Spirano quivi ambedue accasati in un medesimo stallo andarono per funghi in que' contorni, e raccoltine in copia ne offerirono a' lor vicini, fra quali un solo, per sua mala ventura, ne accettò: e questi fu un certo Giovanni Pagani, il quale prese insieme il carico di cuocerli a mezza cottura in una Caldaja, e per se, e pei due Donatori. di quelli così preparati ciascun di loro ne presa la parte sua, e ciascuno conditi con olio, come usasi fra' terrazzani, in padelle ne perfezionò la cottura.
Il Gastoldi aveva la Moglie, un Fratello di pochi anni, e la Matrigna: il Dolci un sol figlioletto; il Pagani la Moglie, due fanciulle, ed un figliolo di piccola età. Questi undici individui, onde erano formate le tre famigliole mangiarono nel Lunedì a pranzo, ed a cena di essi funghi.
Niun incomodo soffrirono nella prossima notte; il giorno soltanto a' violenti vomiti, cui soggiacquero, alle copiosissime scorrenze, a' gagliardissimi dolori di stomaco, all'ardente sete, al trasporto, all'oppressione, alla gonfiezza degli ipocondrj, e a molti altri sintomi caratteristici di simili malori s'accorsero della malignità del cibo preso, e'l male ognor crescendo dalla mattina del Mercoledì fino al finir del Giovedì, sette di questi sventurati morirono, gli altri andarono di mano in mano mancando, finché ebbero tutti compiuti nel Venerdì i loro giorni. L'ultima a soccombere fu la Moglie del Gastoldi, che nel primo accesso del male aveva abortito morto un feto di pochi mesi. V'accorsero molti Medici, v'accorse per ordine pubblico il Protofisico, ma non prima di Mercoledì. Quindi tutti i rimedj, essendo applicati a caso troppo avanzato, riuscirono inefficaci. Fecesi con ogni diligenza l'incisione di un cadaveri, e si trovò la tonaca del ventricolo detta villosa tutta punteggiata da piccole ulcerazioni. e lacerazioni fattevi da alcune particelle de' funghi, che tutt'ora vedeansi esistere nella cavità dello stesso ventricolo, la cui tonaca osservossi ancora segnata da leggeri strisce di sangue spillato dalle ulcerazioni. Nelle altre viscere non si scoprì contrassegno di veruna offesa. Allorché il funesto accidente venne a notizia del Magistrato, sette erano già mancati e fra questi i due innocenti apprestatori della micidiale vivanda. Per lo che non si poté avere da essi immediatamente una precisa notizia, né della specie, né dello stato di maturità de' Funghi medesimi: si giunse però a vedere la morte di alcune galline, le quali ne' giorni avanti beccolando sull'Aja dello stallo avevano ingoiata qualche parte di essi Funghi colà gettati per rimandarli.
Si è inoltre rilevato quanto basta per potere asserire certezza essere questi di quelli, che crescono in famiglie al pedale de' Gelsi, de' Pioppi, de' Salci, e d'altri alberi, ed essere stati in una specie di palude disseccata, il cui fondo limaccioso vegetali putrefatti è tutto sparso di teneri virgulti nati dalle sepolte radice de' Pioppi.
Quindi non lungi sonovi fonti di nascenti salubri, e limpidissime acque, dalle quali è come inzuppato il fondo di questa Villa, nel cui fertilissimo territorio, che è quasi dieci miglia, come Ella sa, dalle Colline, e dalle Montagne discosto, non vi si è scoperto giammai segno della presenza di alcun metallo, o sostanza minerale.
Difficile però si rende ogni conghiettura intorno la cagione del veleno di questi Funghi, i quali si rendettero anche inutili le ordinarie esperienze, (che si fecero sopra alcuni di essi) per distinguere i sani dagli infetti, non essendosi potuto trarre da quelle alcun indizio della loro malignità. La costanza però dei sintomi in tutti questi infelici mangiatori di essi Funghi, il non trovarsi pure una persona la quale ne abbia gustato, e non ne sia rimasta offesa, son argomenti che avvalorano sempre più la opinione de' gravissimi autori, i quali vogliono che si trovino alcune volte de' Funghi capaci di avvelenare; provenga egli il veleno dalla specie, dal luogo ove crebbero, oppur dall'esser stati colti oltreppassando lo stato della loro buona maturità.
Questo è quanto io posso partecipare a V. S. Ill. ma su questo tristissimo accidente, il quale interesserebbe l'Umanità, che divenisse generalmente pubblico a universale preservazione; e supplicandola della continuazione della Sua pregiatissima grazia ec.
"Bergamo 29 Novembre 1782"
La lettera si trova negli "opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti tratti dagli Atti delle Accademie, e dalle Collezioni Filosofiche, e Letterarie, delle opere più recenti Inglesi, Tedesche, Francesi, Latine e Italiane, e da Manoscritti originali e inediti TOMO I in Milano presso Giuseppe Marelli con licenza de' Superiori M. DCCLXXXII ed è giacente presso la Biblioteca Municipale "Panizzi" di Reggio Emilia.
Commento
Molti dubbi sorgono sulla frase del Maironi di "poter asserire con certezza essere questi di quelli, che crescono in famiglie al pedale de' Gelsi, de' Pioppi, de' Salci, e d'altri alberi" in quanto i sintomi descritti sono quelli tipici degli avvelenamenti di tipo falloidinico, e nessuna specie riconducibile a tale tipo di avvelenamento ha l'habitat descritto. Forse l'autore della lettera è stato ingannato da testimoni poco attendibili. Su questa versione concorda pienamente Mario Valoti micologo di Bergamo, a cui è stata inviata copia della lettera su riportata. Valoti ci informa che " G. Maironi da Ponte (1748 - 1833) fu un eminente cultore delle scienze naturali e fecondo divulgatore delle stesse; scrisse infatti diverse opere carattere naturalistico (oggi largamente superate) nonché il Dizionario Odeporico" su cui è riportata quasi integralmente la lettera "fra i diversi incarichi ricoperse per diversi anni quello di segretario dell'Ufficio di Sanità e in tale veste redasse il verbale sul grave episodio. "
Messaggio modificato da marinetto, 04 maggio 2003 - 10:35