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CAPUZI GARBI


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#1 marinetto

marinetto

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Inviato 29 dicembre 2003 - 10:06

(Cottura dei crauti)
La ricetta di base e’ la triestina, slovena, austriaca e tede¬sca; le varianti, se si escludono quelle degli autori locali, sono la prora palmare che per le altre gastronomie i ca¬puzi garbi sono altrettanto familiari del sukyaki giappo¬nese.
Per quattro persone avrete bisogno di:

un chilo di capuzi garbi risciaquati sotto l’acqua cor¬rente e leggermente strizzati
un cucchiaio di strutto
due spicchi d’aglio schiacciati e pelati
due costine di maiale affumicate
sale e pepe

Mettete i capuzi in un tegame di coccio piuttosto largo e copriteli d’acqua a filo. Fateli sobbollire per una ventina di minuti, poi assaggiateli: se risulteranno troppo acidi so¬stituite l’acqua di cottura con altra acqua bollente e cuo¬ceteli ancora dieci minuti, poi scolateli e teneteli da parte.

Dopo aver lavato e asciugato il tegame, rimettetelo sul fuoco con lo strutto e l’aglio e, non appena questo avra’ preso colore, aggiungete i capuzi e insaporite con un po’ di sale e pepe. Coprite il recipiente per evitare che l’acqua evapori via via che viene rilasciata dai capuzi e lasciate crogiolare a calore moderatissimo per mezz’ora, mesco¬lando di tanto in tanto.

Levate il coperchio, aggiungete le costine fumigade e pro¬seguite la cottura, sempre a fuoco bassissimo, lasciando evaporare il liquido residuo.
Fate attenzione, perché non e’ facile giudicare se i capuzi siano veramente asciutti: bisogna spostarli da un lato con il cucchiaio di legno e controllare il fondo del recipiente, che non deve presentare traccia di liquido.

Da questo momento cominciano le difficolta’: si tratta in¬fatti di continuare la cottura per un’altra ora almeno senza far attaccare i capuzi al fondo della casseruola. Percio’ me¬scolate molto spesso e — ma solo se e’ strettamente ne¬cessario — allungate di tanto in tanto con un sorsetto d’acqua o di brodo non salato.
I capuzi dovrebbero cambiare colore, diventando grada¬tamente piu’ scuri sino ad assumere una tonalita’ dorata.

CAPUZI GARBI
(PREPARAZIONE)
(Preparazione dei crauti)
I veri capuzi garbi, quelli ottenuti per fermenta¬zione naturale in barilotti di legno, sono oggi dif¬ficilmente reperibili; così ci si accontenta di quelli, spesso precotti, propostici dall’industria.

Chi non s’accontenta, però, può coraggiosamente prepararseli da sé: la procedura è persino più sem¬plice della confezione casalinga delle conserve, che pure vengono eroicamente preparate in molte fa¬miglie.

Acquistate almeno dieci chili di cavoli cappucci ben sodi e affettateli finemente con l’apposito at¬trezzo. Se non lo possedete appartenete alla mag¬gioranza silenziosa; in tal caso arrangiatevi taglian¬do i bari dei cappucci a spicchi, affettandoli poi con il ‘mandolino”.
Procuratevi un barilotto di legno. oppure un ca¬pace recipiente di terracotta o di vetro, e disponetevi sul fondo uno strato di sale alto mezzo centimetro. Su di esso fate uno strato di fette di capuzo spesso tre dita. Altro strato di sale, altro strato di capuzi e così via, sino a esaurimento. L’ultimo strato sarà ovviamente di sale, e sarà un po’ più spesso.
Appoggiate sul tutto un tappo di legno di diame¬tro adatto, e collocate su di esso un peso. Non oc¬corrono tonnellate: quattro o cinque chili saranno sufficienti.
Mettete il recipiente in un luogo fresco come una cantina o un poggiolo d’inverno (in questo caso badate che il recipiente resti sempre all’ombra) e lasciatelo fermo per due mesi, durante i quali sarà necessario scolare di tanto in tanto il liquido che si andrà formando.
Nient’altro: trascorso il tempo indicato i capuzi garbi saranno pronti per l’uso cui vorrete destinarli.

Variante
Capuzi garbi conzadi. Ecco una conza per ottenere dei capuzi garbi particolarmente gustosi.
Mescolate a dieci chili di cavolo cappuccio affettato i se¬guenti elementi:
— due manciate di bacche di ginepro schiacciate
— due o tre manciate di Kummel
— due o tre manciate di pepe nero in grani
— dieci foglie di alloro essiccate e spezzettate
La procedura rimane invariata: disponete a strati il sale e i capuzi misti agli ingredienti indicati e collocate il tappo di misura con relativo peso.

I capuzi garbi
Tra tutti gli autori che hanno scritto di cucina, nessuno come l’Artusi ha trinciato giudizi tanto negativi su tutto ciò che non sia italiano.
Ecco un interessante campione delle sue opinioni sulla cucina tedesca; e quando dico “tedesca” te¬nete presente che per l’Artusi anche la nostra ga¬stronomia era tedesca, com’è evidente dalla sua descrizione del Presnitz (LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE, ricetta n.560).

Nella fortunata opera appena citata, quattordice¬sima edizione l’ultima curata dallo stesso autore — Firenze, 1910, alla ricetta n.644 intitolata “Torta di pane bruno alla tedesca” si legge: «Mi resterà memorabile fin che vivo il trattamento della tavola rotonda di un grande albergo ai bagni di Levico. Cominciando dal fritto o dal lesso sino all’arrosto inclusivo tutti i piatti nuotavano in un abbondante sugo sempre eguale, dello stesso gusto e sapore... quei piatti spesso venivano in tavola ac¬compagnati da un timballo di capellini — di Ca¬pellini, capite! — ... un vero impiastro. Quanta differenza dal gusto nostro!»

Ma se pensate che egli abbia giudicato la cucina di un’intera nazione da ciò che gli ha propinato un singolo ristoratore traviato siete in errore. Alla ri¬cetta successiva, infatti, eccoci di nuovo: «Raccon¬tavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del XVIII secolo, i Tedeschi invasero l’Italia avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto: e face¬vano inorridire a vederli preparare, per esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola a bollore, strizzandone i lucignoli».

Poi però, bontà sua, aggiunge: «ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, fu¬rono trovati assai rinciviliti e il sego non era visi¬bile che ne’ grandi baffi delle milizie croate...”.

Voi intanto tenete presente che tutto cio’ e’ stato scritto, o almeno riconfermato, nel 1910: ottan¬t’anni fa, non nel Medioevo.

Più avanti, trattando di quei Krapfen che oggi sono apprezzati in tutta Italia e vengono preparati an¬che dalle migliori industrie dolciarie nazionali, l’Ar¬tusi esordisce cosi’: «Proviamoci di descrivere il piatto che porta questo nome di tedescheria»; e vi risparmio molte altre istruttive citazioni.

«Va bene» obietterete a questo punto «ma cosa ha da vedere tutto ciò con i capuzi garbi? » E qui vi voglio, perché persino l’Artusi nel descrivere la ri¬cetta del “Sauer kraut” (n.432) ammette che «non è questo il vero sauer — kraut, il quale bisogna lasciar fare ai Tedeschi...
Detta da lui, che s’è visto abborrire ogni” tede¬scheria” gastronomica, la frase assume un partico¬lare significato e rilievo. Se si escludono l’Alto Adige, Udine e Trieste, infatti, non vi sono altre località o zone in Italia in cui si possano gustare dei capuzi garbi appena decenti, e persino nella nostra città non sono più molti quelli che li sanno preparare come si deve.
Mala tempora currunt

Secondo Alfieri Seri, nessun documento testimo¬nia la presenza dei capuzi garbi nella nostra città prima del XV secolo: un buon anticipo sul resto d’Italia, comunque, poiché essi vi sono documen¬tati con sicurezza appena nella seconda metà del Settecento, in un manoscritto redatto da un ano¬nimo reggiano. «Sal craud», vi si legge, «maniera di farlo in quattro giorni». La ricetta consiglia di versare su dei cappucci freschi finemente affettati l’acqua bollente necessaria a coprirli. Tiepida che sia se ne leva un po’, vi si stempera del lievito, e la si passa attraverso una tela fine facendola colare sui cappucci nella loro acqua. S’aggiunge sale in proporzione e si lascia riposare in luogo caldo.
Non me la sento di garantirvi sul risultato.

Varianti

Co’la zivola. L’aglio puo’ essere sostituito tutto o in parte con cipolla affettata.

Co’la panzeta. Al posto delle costine fumigade si possono usare due fette di pancetta affumicata di circa 70 gr. l’una.

Co’le luganighe. E’ senz’altro il modo piu’ triestino di preparare e di servire i crauti. Confrontate in merito la ri¬cetta delle luganighe co‘ i capuzi nel capitolo dedicato alle carni di maiale.

Co’la porzina. Dimezzate tutti gli ingredienti. A meta’ cottura aggiungete mezzo chilo di collo di maiale tagliato a fette, che seppellirete per quanto possibile nella massa dei capuzi. A cottura ultimata, separate la porzina dai crauti e cospar¬getela di cren fresco grattugiato al momento.

La variante cessa di essere contorno, diventando essa stessa un secondo piatto completo.

A la Stelvio. Preparate un battuto con 100 gr. di lardo affumicato e fatelo rosolare con l’aglio, aggiungendovi due cucchiai di farina che farete ingiallire prima di unire una presa di Kummel e i capuzi, assieme a un po’ di sale e pepe e a una foglia di alloro. Fate attenzione perché l’ag¬giunta di farina, se da un lato colorira’ la preparazione molto prima, dall’altro vi costringera’ a una sorveglianza conti¬nua per evitare che i capuzi si attacchino al fondo del re¬cipiente.

A la Prato. La Prato consiglia di preparare i capuzi garbi nel grasso fumante, bagnando con brodo quando il loro liquido si sara’ consumato. Vanno cotti per un’ora mesco¬lando spesso prima di aggiungervi un po’ di farina e altro brodo, da far consumare completamente avanti di servire.

A la ungherese. La stessa Prato cita una variante in cui i capuzi, leggermente precotti, si fanno stufare con cipolla per quattro ore. A meta’ cottura s’aggiungono aceto, finoc¬chio tritato oppure pepe rosso ungherese (paprica) e, poco prima di servire, panna acida.

Versione de Vonderweid. Come grasso usate l’olio e sostituite l’aglio con la cipolla tritata. A meta’ cottura ag¬giungete una costina fumigada e delle salsicce. La de Vonderweid non dice quali, ma ritengo intenda quelle di Cragno o le nostrane.

Co’l vin. Qualunque sia la variante che avete deciso di preparare, a meta’ cottura potete aggiungere alla prepara¬zione un bicchiere abbondante di vino bianco, che farete assorbire completamente dalla massa dei capuzi, a reci¬piente coperto e a fuoco bassissimo.

A la svelta. Risciacquate i crauti sotto l’acqua corrente, spremeteli e gettateli in casseruola nello strutto gia’ caldo. Aggiungetevi sale e pepe, fateli asciugare a recipiente sco¬perto, quindi aggiungete una tazza di brodo. Proseguite la cottura sinché la preparazione si sara’ nuovamente asciu¬gata e servite. Ma non invitatemi...

A la bolzanina. Sostituite le costine fumigade con delle salsicce, anch’esse affumicate (ottima la Bauernwurst), e aggiungete alla preparazione una presa di bacche di gine¬pro pestate.

Versione Artusi. Fingiamo di non capire che l’Artusi ci consiglia di usare i cavoli cappucci freschi scottati in ac¬qua bollente salata, scolati e lasciati in infusione con ac¬qua e aceto per alcune ore. Disobbediamogli e usiamo in¬vece i veri capuzi garbi.
Fate rosolare della pancetta nel burro, unitevi i capuzi e portateli a cottura aggiungendo via via brodo di cotechino o di zampone. Il risultato, assolutamente non tipico, e’ tut¬tavia discreto.

Vincenzo Buonassisi nel suo LA CUCINA DEGLI ITALIANI riporta la ricetta dell’Artusi definendola emiliana e desueta, attri¬buendole «. . .una derivazione da ricette danubiane, cono¬sciute nel periodo di stretti rapporti con l’impero asbur¬gico».

Versione “letteraria” 1. Durante la cottura dei capuzi, che va effettuata senza il caratterizzante fumiga’, aggiun¬gete una presa di dragoncello, qualche foglia di basilico e una presa di timo.

Versione “letteraria” 2. I crauti vanno preventivamente scottati, quindi scolati e passati in una pentola di coccio, dove li si ricopre a filo con brodo di vitello, aggiungendo un pizzico di semi di coriandolo, qualche grano di pepe, mezzo etto di burro e il succo di mezzo limone. Fate sob¬bollire_per due ore, quindi unite un quarto di panna e ad¬densate.

Versione “letteraria” 3. Lavate molto bene i crauti, scottateli in acqua bollente per cinque minuti, scolateli e tuffateli in acqua fredda.
Passateli poi in una casseruola e aggiungetevi un mazzetto formato da un gambo di sedano e da una carota raschiata. Aggiungete anche una cipolla nella quale avrete conficcato un chiodo di garofano e un sacchettino di garza conte¬nente tre bacche di ginepro e dieci grani di pepe nero.
Non e’ finita. Unite due fette di pancetta fresca da 75 gr. l’una, 100 gr. di grasso di prosciutto crudo tritato, un bic¬chiere di vino bianco secco e tanto brodo da coprire completamente il tutto.
Lasciate sobbollire per tre ore mescolando di tanto in tanto e a cottura ultimata eliminate la cipolla, il mazzetto e il sacchetto con il pepe e il ginepro. Un consiglio finale: cambiatevi d’abito e recatevi nel piu’ vicino buffet a gu¬stare dei veri capuzi garbi.

Marino Zugna
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso





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