CALANDRACA
(Spezzatino di carne lessa con patate)
Origini
Tutti gli autori concordano sul fatto che questo piatto di carne ha origini marinare. La calandraca infatti veniva preparata in origine con le carni salate di montone o di castrato, le piu’ usate dai marinai da tempi immemorabili (e ancora in auge sino ai primi anni di questo secolo, quando dalla Dalmazia veniva importata I'allora rinomata castradina) perché le provviste di bordo, se si escludono alcuni animali vivi e poche derrate fresche destinate al consumo immediato, erano costituite esclusivamente da prodotti non deperibili, tra i quali la carne salata o essiccata occupava un posto di rilievo. Per poterle cucinare, queste carni devono essere preventivamente sottoposte agli stessi trattamenti del bacala. Di qui Mario Doria ricava 1'etimologia’ della parola calandraca, che deriverebbe da "cilindrata", ossia passata sotto il mangano (in latino "cialandrum").
Un "chilendrare" fu usato anche dai tintori veneziani: «pannum.. chilendrabo», Venezia, tintori 1243. Inoltre, «mittere pannum ad gualcam vel cialandrum», Fabriano, 1369.
Secondo il Pinguentini, invece, il vocabolo trae origine dal nome di un'antica imbarcazione, la "calandra", come potrebbe essere confermato da un documento del 1225: «Ducemus nobiscum centum Calandram, et tenebimus quinquaginta galeas.
Egli ricorda inoltre come la calandraca non si situasse ai vertici delle preferenze e cita in proposito una frase abituale degli equipaggi: «No xe pericolo che i coghi de bordo se dimentichi la riceta dela calandraca!» = non c’e’ pericolo che i cuochi di bordo si scordino la ricetta della calandraca.
Degna di nota e 1'informazione che mi viene fornita da Mario Valenta, titolare di un noto buffet cittadino. Appassionato cultore di gastronomia, egli sostiene che la calandraca e piatto greco importato a Trieste nel '500 dalla moglie di certo Sancin di Servola, marinaio, pero mantiene uno stretto riserbo sulle fonti della suggestiva accattivante tesi.
Evoluzione
La calandraca e senz'altro piatto antichissimo, ma il suo aspetto originario doveva essere molto diverso dall'attuale, poiché pomodori e patate, come gia’ detto piu’ volte, non erano disponibili sino a tempi relativamente recenti. Doveva quindi trattarsi di un intingolo ottenuto con la carne salata o secca di montone o di castrato, in precedenza lessata per ottenerne il brodo. Soto la defonta = per intendere *Maria Antonietta D’AustriaUngheria*, il piatto veniva preparato a bordo delle navi della K.u.K. Kriegsmarine = Marina Militare AustroUngarica, persino troppo spesso, a quanto appare dai documenti pervenutici e soprattutto dai racconti dei sempre piu’ rari sopravvissuti al crollo dell'Impero. Non veniva piu’ usata la carne salata, ma quella fresca di manzo gia’ utilizzata per il brodo. Oggi il piatto viene preparato quasi esclusivamente con carni fresche non precotte, ciò che lo snatura e lo trasforma in un piu’ anonimo spezzatino con patate.
Tipicità
E piatto certamente tipico ma desueto, sebbene pochi triestini se ne siano accorti e i piu’ lo ritengano attualissimo. Ancora piu’ esiguo e il numero di coloro che hanno conservato 1'abitudine di preparare il brodo in funzione della cottura preventiva della carne da destinare alla calandraca: si usano quasi sempre tagli freschi e "buoni" come il cuor de cosseto = cosciotto e con risultati molto inferiori.
LA RICETTA
Riporto la versione "moderna", quella che costituiva spesso la berloca dei marinai sulle navi da guerra austroungariche. Le dosi, come sempre, sono per quattro persone.
--700 gr. di vitello, manzo o castrato (tagli di terza qualita’)
– mezzo bicchiere scarso di olio o un cucchiaio di strutto
– un trito ottenuto con una piccola cipolla, una piccolissima carota e un pezzetto di costa di sedano
– un cucchiaio scarso di triplo concentrato di pomodoro
– due grosse patate tagliate a dadi
– una presa di spezie oppure un chiodo di garofano
– sale e pepe
Lessate la carne e le verdure per almeno un'ora in poca acqua leggermente salata. Conservate il brodo e tritate le verdure cotte. Tagliate la carne a pezzi.
In una capace casseruola fate rosolare il trito di verdure nell'olio o nello strutto sinché sia ben appassito, aggiungetevi la carne e fatela colorire bene prima di unire la conserva. Mescolate per qualche minuto e allungate con il brodo sino a coprire la carne a filo. Aromatizzate con un po' di pepe e con le spezie, e lasciate sobbollire per mezz'ora a recipiente semicoperto, quindi ripristinate il livello del liquido e aggiungete i cubetti di patata, cuocendo per altra mezz'ora sempre a fuoco moderato. Prima di servire aggiustate di sale.
Varianti
In bianco.
Omettete semplicemente la conserva di pomodoro, per il resto attenendovi alla ricetta di base.
Co'l Vin.
Quando aggiungete la conserva, potete bagnare la carne con un bicchiere di vino bianco, da far evaporare quasi del tutto prima di allungare con I'acqua.
A la Stelvio.
La preparazione e identica alla versione con patate del golas a la triestina. Non si tratta dunque di una vera calandraca come sembra credere 1'autrice, la cui autorevolezza nella gastronomia locale ha peraltro fatto si che 1'equivoco venisse ampiamente accettato.
Versione Moffa / Dei Rossi.
Eliminate il sedano dal trito e infarinate i pezzi di carne (che in questo caso non va precedentemente lessata) prima di rosolarli. Coloriti che siano, bagnateli con un bicchiere di vino bianco, che farete in gran parte evaporare prima di aggiungere la conserva, proseguendo poi come descritto nella ricetta di base.
Versione originale.
Battete con un mazzuolo di legno un pezzo di carne salata, come si fa con il bacala, tagliatela a pezzi e ponetela a bagno nell'acqua fredda per almeno un giorno, quindi scolatela e mettetela in una pentola di coccio con abbondante acqua non salata. Fatela sobbollire per almeno un'ora e mezza, sgocciolatela e tenetela da parte. Conservate il brodo, servira’ per diluire la calandraca. In un tegame, anch'esso di coccio, scaldate olio o strutto e fatevi rosolare abbondante cipolla tritata alla quale, non appena si sara’ imbiondita, aggiungerete mezzo cucchiaio di farina o poco piu’. Unite i pezzi di carne precotta e, dopo averla rosolata con la farina per qualche minuto, bagnatela con il brodo sufficiente a coprirla. Aromatizzate con una generosa presa di spezie composte (cannella in polvere, chiodo di garofano, noce moscata, zenzero e pepe abbondantissimo) e continuate la cottura a recipiente semicoperto sinché la carne sia tenerissima, aggiungendo ancora liquido quando necessario. Aggiungete un po' di sale a meta cottura, e prima di servire regolate la sapidita’. Se volete ottenere una versione piu’ recente aggiungete due o tre patate tagliate a pezzi non appena la carne sara’ tenera, portandole a cottura nella calandraca. La versione con il pomodoro e ovviamente la piu’ recente in assoluto.
Come farsi da sé la carne salata.
Reperire oggi della castradina e altrettanto difficile che trovare un furlan spendazon = friulano spendaccione; se potete procurarvela tanto meglio, altrimenti usate la bresaola di manzo o di cavallo o la mocetta di capra. L'affumicatura leggera di queste carni non nuocerà. La soluzione migliore, comunque, e quella di farsi la carne salata da soli.
Disponete uno strato di sale in un recipiente di coccio, collocatevi la carne (cosciotto di castrato disossato e affettato), copritela con uno strato di sale e appoggiatevi sopra un peso. Dopo un paio di giorni scolare i liquidi che la carne avrà rilasciato e, dopo aver sostituito tutto il sale vecchio con del nuovo, ripetete l'operazione. Lasciate trascorrere ancora una settimana, quindi scolate nuovamente il liquido, ripristinate il quantitativo di sale e, ' sempre sotto peso, lasciate la carne ferma per un'altra settimana, trascorsa la quale potrete destinarla all'uso.
Nota:
Vlado Ivelic nel suo RICORDI DELLA VITA MARINARA (Spalato, 1933) riporta alcune interessantissime esperienze sulla vita a bordo dei velieri che ci consentono, tra l'altro, di gettare uno sguardo nelle gamele = ciotole, dei marinai. «La carne salata», egli scrive, «comprata in barili a Trieste, in Italia, in Inghilterra, a Marsiglia era nera e magra come quella di cane. Il menu’ sui velieri non era molto vario. Al mattino per colazione pane duro, per pranzo zuppa e carne salata e per cena uno stufato [si usa il termine dalmata sguazet = carne in sugo]. Di grasso a bordo se ne consumava poco dal momento che la cipolla per lo stufato veniva soffritta sul grasso che fuoriusciva dal brodo di carne salata».
Il racconto di Ivelic non getta luce sull'origine del vocabolo calandraca, ma consente di capire come a bordo la sua preparazione fosse in pratica inevitabile e, soprattutto, come si protraesse sino a tempi abbastanza vicini.
CALANDRACA
Iniziato da
marinetto
, dic 29 2003 10:03
6 risposte a questa discussione
#1
Inviato 29 dicembre 2003 - 10:03
Marino Zugna
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso
#2
Inviato 30 dicembre 2003 - 22:17
Ciao Marino,
quante belle ricette
Ti hanno messo a dieta?
Quando la mia bilancia mi consiglia di mangiare meno, mi consolo scrivendo e cucinando le ricette più caloriche per la gioia di capita a tavola
Antonia
quante belle ricette
Ti hanno messo a dieta?
Quando la mia bilancia mi consiglia di mangiare meno, mi consolo scrivendo e cucinando le ricette più caloriche per la gioia di capita a tavola
Antonia
Antonia
Matera - Lucania
Matera - Lucania
#3
Inviato 30 dicembre 2003 - 22:20
l'arte della cucina, adesso è il mio secondo amore
Marino Zugna
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso
#4
Inviato 27 gennaio 2004 - 09:15
Nel periodo bellico quando la carne era poca e la miseria era tanta, mia
nonna ( ora avrebbe 95 anni) raccontava che quando riusciva a reperire la carne
prima faceva il brodo e poi la metteva in sugo. Nel sugo naturalmente c'erano
molte patate e purtroppo poca carne.
La calandracca è comunque un piatto buonissimo che fa parte della tradizione
culinaria triestina, purtroppo si va perdendo in quanto usi e costumi di
altri paesi prendono sempre più piede.
Le tradizioni culinarie fanno parte dela nostra cultura, è neccessario conservarle!
Un saluto atutti Cinzia
nonna ( ora avrebbe 95 anni) raccontava che quando riusciva a reperire la carne
prima faceva il brodo e poi la metteva in sugo. Nel sugo naturalmente c'erano
molte patate e purtroppo poca carne.
La calandracca è comunque un piatto buonissimo che fa parte della tradizione
culinaria triestina, purtroppo si va perdendo in quanto usi e costumi di
altri paesi prendono sempre più piede.
Le tradizioni culinarie fanno parte dela nostra cultura, è neccessario conservarle!
Un saluto atutti Cinzia
Cinzia e Luciano ( Trieste )
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso.
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso.
#5
Inviato 27 gennaio 2004 - 09:29
parole sante cinzia, tradizione e cultura, parole sante.
Per quanto riguarda il fatto di fare prima il brodo "nel periodo bellico", nella nostra famiglia è continuato anche nel post bellico, nel boom economico e tuttora, srà l'abitudine, sarà la tradizione "ecco che rispunta", ma noi la facciamo così
Per quanto riguarda il fatto di fare prima il brodo "nel periodo bellico", nella nostra famiglia è continuato anche nel post bellico, nel boom economico e tuttora, srà l'abitudine, sarà la tradizione "ecco che rispunta", ma noi la facciamo così
Marino Zugna
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso
#6
Inviato 27 gennaio 2004 - 11:50
Anche nella nostra famiglia la tradizione continua, ma non solo con la calandracca: verze in tecia, verze con patate.goulas, jota, pasta e fasoi,
sardoni in savor, e per pasqua gelatina,pasta con le sardelle,pinze e titole,
a carnevale crostoli e fritole.
Salutoni, mi è venuta proprio fame Cinzia
sardoni in savor, e per pasqua gelatina,pasta con le sardelle,pinze e titole,
a carnevale crostoli e fritole.
Salutoni, mi è venuta proprio fame Cinzia
Cinzia e Luciano ( Trieste )
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso.
A.M.B. Gruppo di Muggia e del Carso.
#7
Inviato 25 febbraio 2004 - 07:55
Cara Cinzia,
io la ricetta delle pinze l'ho, ma con tutte le volte che ho provato a farle.................
ho problemi con la lievitazione, vengono buone ma "gnucche" non è che puoi darmi qualche consiglio sulla preparazione?.
Grazie in anticipo
Manù
io la ricetta delle pinze l'ho, ma con tutte le volte che ho provato a farle.................
ho problemi con la lievitazione, vengono buone ma "gnucche" non è che puoi darmi qualche consiglio sulla preparazione?.
Grazie in anticipo
Manù
Manù
Milano
Milano
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